” Poco importa chi ha iniziato, prima o poi qualcuno dovrà pur finirla!”
Madre arrabbiata rivolta ad un bimbo ed il suo amichetto con il proprio piede sopra una farfalla.
È un vero peccato che a volte non si abbia che da dire di fronte a gesti grandi o parole piccole piccole messe insieme, che fanno frasi altrettanto grandi. Mi sento limitata così tanto che vorrei imparare altre dieci lingue, prendere il traghetto e raggiungere un’altra isola perché sì, sempre di isole si tratta. Poi spedire un pacco pieno di cose -che ho con me e non uso più- nella mia vecchia casa, attraversare a nuoto lo stretto di Messina con uno strumento musicale a corde in una custodia impermeabile, svegliarmi ogni mattina alle sei per non perdermi nemmeno un’alba e anche raccogliere mirtilli in Canada, sudare nei campi di cotone dell’Est, esplorare a piedi New York come un anno fa e Brooklyn in bici.
Vorrei mani sporche di terra, le spalle bruciate dal sole e la stanchezza fisica di chi torna a casa felice dopo aver raccolto tonnellate di olive o asparagi selvatici nel mese di Ottobre. Sempre che ce ne siano, in quella parte di anno.
Oggi ho scartato la Corsica (a pochi giorni dallo scarto momentaneo di Roma e degli Stati Uniti).
Ero e sono tutt’ora un po’ triste, ma sai che c’è? Va bene , anzi benissimo così. Devo portare a casa -nella vera casa al nord- una chitarra, tre xilofoni e un mandolino. A seguire un quadro dalla cornice bianca e un paio di scatoloni di libri e sketch-book. E poi mica abbandonarli lì.
Che facciamo? Abbiamo una stanza libera per ricreare uno studio di registrazione o una saletta-musica? ho chiesto l’altra mattina a mia sorella appena rincasata da una nottata di festa. Ha detto che in casa sono tutti entusiasti, allora ho promesso che avrei iniziato a raccogliere le confezioni in cartone delle uova, per insonorizzare il salone che non utilizziamo al terzo piano.
La responsabilità a volte ha la meglio, ma l’iniziativa la batte.