Centripeta

Io non ci credo alla bellezza, io faccio colazione sul lavello con i piatti sporchi dentro, per sentire meglio l’aroma del caffè caldo. Io qui ho una mamma che mi chiama un paio di volte alla settimana e mi dice «se senti qualcosa che non va, cerca l’errore in te. La colpa, cercala dentro di te, non negli altri, nelle cose degli altri» e sempre io, poi, mi tiro su le maniche e li lavo quei piatti mentre incolpo anche il sapone, per essere così scivoloso.

E il caffè si beve freddo, certi giorni, senza bellezza, senza sensi di colpa, senza cattivi amici.

Lettere dal divano

Non si ferma mica, la primavera. Ha portato i fiori, per presentarsi, un po’ di pioggia tiepida, un’ora di luce in più. Cose indispensabili per sentirne la presenza, ma anche la mancanza, in giornate fredde e taglienti come queste. Con l’indice gratto via una macchietta di sugo dal tessuto grigio del divano e mi accorgo che sotto c’è un buco, piccolo, però che peccato. Guardo fuori, guardo dentro, non so nemmeno dove posizionarmi, se provo a immaginarmi domani, o dopodomani. Il mio gatto sulle ginocchia, mia figlia accanto, la sua manina appoggiata sui miei pantaloni pieni di briciole. Abbiamo mangiato biscotti, aspettiamo le otto per uscire di casa. Tutto mi sembra mio, questa mattina, tranne il posto in cui vivo. Tutto, tranne l’involucro.

E ieri, dopo una discussione di quelle che portano a rifugiarsi ciascuno nel proprio angolo di casa, sono arrivata a una specie di conclusione, la fine di un ciclo lunghissimo fatto di accomodazioni e compromessi: probabilmente le mie esigenze sono cambiate, ma non sento più questa grande urgenza di prendermela con nessun tipo di difetto, nemmeno i più fastidiosi, compresi i miei.