
Da un paio di anni lavoro in un posto, un’azienda che mi fa scegliere colori e forme per le proprie etichette, e che io da poco ho iniziato a chiamare asilo. In realtà ora fino a settembre non ci lavoro più, sono da un’altra parte a fare altre cose, ma lì all’asilo durante una giornata lavorativa accadevano regolarmente episodi da gruppetto-lupetti-tutti-in-fila-che-si-va in-mensa.
Francesca? No, Simona, ufficio grafico, chiami l’interno quattordici, Ah bene ma quindi lei è Cinzia? No, sono Simona. Bene, ma Francesca la trovo?
Oppure
merende collettive con equa consegna di biscotti e caffè tra colleghi (“no no, basta che poi non dormo” é la frase più quotata tra le nove e le tre), o ancora: arrabbiature d’opinione dovute alla tonalità di blu che una volta uscito dalla tipografia non sarà mai uguale a quello visto su schermo.
E poi arruffamenti di capelli, sfoghi sentimentali, patriottismi, disegnini sulla lavagna, le misure delle scatole prese a braccio e il peso Vabbè saranno circa due o tre chili e altre cose che ora in Salento, io non ci dovrei nemmeno pensare. Sono 48 ore che non faccio altro che annuire.
Scusate gli spazi sconnessi, scrivo dal mio ebook connesso ad una rete aperta. Poi è molto difficile cercare le lettere in una tastiera che inizia con la A a sinistra in altoal finisce con la Z a destra in bassob tre righe sotto. L’html è utile però.