Ho fatto un altro di quei sogni strani. Ho sognato la neve a Nashville. Era agosto e aveva nevicato nel Tennessee.
Tra le cose reali invece, ieri sera, sono stata ad un evento, era la seconda vola che ci andavo. Organizzato dall’altra parte dell’isola d’Elba, per arrivarci ci abbiamo messo un’ora, con i fulmini e i nuvoloni alle spalle e lo scirocco ad inumidirci. Il giro dell’isola per assistere all’ultimo di una serie di concerti in un mini anfiteatro, dentro un bosco, dentro una casa sul mare, dentro una proprietà protetta e intoccabile dall’edilizia. Intoccabile, nel senso che l’attuale proprietario ci ha messo decenni per tirare fuori le casette in pietra abbandonate nell’ottocento, a ripulire da erbacce e cacciare via o addomesticare cinghiali e ora guai a chi si azzarda a toccare anche un solo eucalipto. Lì ci sono vigneti in discesa (o in salita, a seconda del punto di vista) e in lontananza una Corsica vedo-non-vedo. Darei le mie mani all’agricoltura per poter lavorare e vivere in quel posto e, se potessi rinunciare a qualcosa in cambio della mia permanenza lì, probabilmente, Baratterei una decina di anni della mia vita in cambio di una reclusione a Campo Lo Feno.
Nel frattempo continuo ad aprire e chiudere la libreria al solito orario. Scrivo, traduco, mangio, stendo i panni e dormo poco per stare sveglia di più. Poi mi sono accorta che in camera è un po’ troppo buio. Sto accumulando torri di libri tutti da una parte della scrivania, tanto che coprono la luce che dovrebbe entrare dalla finestra. Sarà meglio che faccia qualcosa, che non mi viene neanche voglia di torn arci, a casa, per cena mangiare sulla scrivania con tutta quell’ombra.