Quotidiario #13

Oggi, 13 agosto è giovedì. Qualcuno é partito, qualcuno arriverà. La casa dove abito, che è anche un b&b, tra qualche giorno verrà invasa da mamme e bambini. La mia terrazza comunicante con l’altra stanza é già stata divisa da un divisore improvvisato con una tenda a righe. Mi piace lo spazio quando si ricrea. Anche se ora ne ho decisamente di meno é come se fossi costretta ad occupare ogni angolo occupabile nel migliore dei modi, automaticamente le cose trovano il proprio posto. Per esempio la salvia accanto alla sedia di vimini con i cuscini di Amedeo o i sandali nella scatola di cartone, sotto la sedia. Poi altre cose che stanno esattamente dove dovrebbero stare.
Questa sera invece in libreria é tutto bellissimo, è passata un sacco di gente con richieste esaudibili o perlomeno piacevoli da sentire. Non capita spesso, da quando la sede è stata spostata dal lungomare alla strada che porta ai parcheggi. É entrata pure la vecchia inquilina del fondo, non la conoscevo. Non sapevo nemmeno che prima della libreria, prima del negozio di vestiti e dell’antiquario ci fosse stato qualcuno ad abitarlo, questo posto. Mi ha detto che pagava 350, in lire, che qui stava in cucinino, là il letto. Lo studio dov’é? Se l’è portato via dall’altra parte del muro il proprietario, a quanto pare. Le piastrelle del bagno sono le stesse, pure quella scheggiata accanto il rubinetto, mica l’hanno cambiata.
Fa strano ora pensare a questo luogo che prima di essere quello che è, è stato altro nascendo più volte.
Il letto dove dormo io invece, su quest’isola, è stato dormito da chissà quanti affittuari. Le pentole che uso sono della casa dove sto., quindi ci hanno cucinato almeno una decina di paste col ragù e carbonare diverse. La bici blu con il cestino era di Amedeo e prima ancora di nonno Mike e chissà di chi altro prima di lui.
Anche il pc, la mia valigia, la macchina fotografica e i suoi obiettivi sono passati per altre mani che li hanno usati fino a che, per loro, erano a quanto pare arrivati all’usura della loro funzione. Perfetti, ma inutili da lì in poi.
Otto anni fa veniva invece conclusa la mia stanza al terzo piano della nostra casa in Friuli. Le travi comparivano ruvide ma curate trapassando il soffitto. Le pareti bianche non avevano mai visto l’ombra dei mobili, mi sembrava anche troppo invadente l’armadio, messo lì nell’angolo. Tutto era stato fatto per avere una prima funzione e non solo era per me, ma addirittura ci stavo dentro. Quel piano,il terzo, non era mai esistito prima. Costruito da zero, dal soffitto del secondo piano. Le storie sono belle, i vissuti sono belli pure loro, i luoghi occupati e poi riabitati sono bellissimi. Ma il vuoto, quello non lo rende nessuno se non il vuoto stesso, mi pare a me.

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