Oggi, per parlare di oggi, dovrei aggiungere prima una cosa a proposito di ieri.
Alle nove, quando siamo partiti con destinazione altra-parte-dell’isola non mi aspettavo proprio nulla. A volte la faccio, sta cosa di non crearmi aspettative, di non farmi domande. Secondo me è un esercizio difficilissimo. Quindi una volta arrivati in questo posto del concerto, era per forza un posto bellissimo, senza i fronzoli delle aspettative (ma anche con, sarebbe stato comunque incredibile).
Un bosco, cioè il giardino di una casa in discesa sul mare, un piccolo anfiteatro con le gradinate di sasso costruite senza dare fastidio agli alberi. Poi il fatto che ci fosse una manciata di violini, un pianoforte e un contrabbasso a fare da nocciolo della situazione in mezzo alle persone acciambellate sotto i rami, con i cantucci in una mano e un bicchiere di vino nell’altra, ecco, questa cosa qui, come facevo io anche soltanto ad immaginarmela?
Comunque poi, alla fine, quando siamo tornati indietro con il mio amico che guidava e parlava agitando il braccio, penso per la suggestione della serata, siamo passati per Marciana Marina ed era mezzanotte, neanche tanto tardi. Lì, accanto ad un cassonetto, c’erano due sedie con le zampe in metallo e rivestite in simil pelle, una sopra l’altra. Sembravano messe apposta in quell’angolo, per essere prese e portate via. Ma siamo in motorino, ha detto il mio amico. Le voglio, ho risposto io e ce le siamo caricate con noi dopo dieci minuti di tentativi di aggancio.
Abbiamo fatto così un decina di chilometri, lui alla guida e io dietro con le due sedie di traverso, che ad ogni curva con le loro zampe falciavo l’erba a bordo strada.
Di solito quando facciamo le tratte lunghe per raggiungere qualcosa dall’altra parte dell’isola, capita che succedono cose, il percorso è lungo, vediamo tramonti rossi rossi, incontriamo venti caldissimi e gelidi nel giro di poche curve, poi cervi, cinghiali, turisti dispersi a mezzogiorno nei posti più impensabili. Chissà quanti animali incontreremo oggi, gli ho urlato da dietro cercando di non perdere una sedia che mi stava scivolando piano verso la marmitta. Non ricordo se mi ha risposto o meno perché ad un certo punto avevamo delle luci blu dietro e qualcuno che in vivavoce ci stava ordinando di accostare a suon di sirene. Ora ci fanno il culo, è stata l’unica cosa che ho sentito prima di fermarci. Diamine, ragazzi almeno legatele. Ma non abbiamo nemmeno una corda, le abbiamo trovate per caso. Allora lasciatele qui, poi le riprendete, ma siete impazziti a girare così, con due sedie, ha detto insofferente, passandosi una mano sulla fronte sudata. Ha avuto anche dei dubbi sulla loro provenienza, dove le avete prese? le abbiamo viste accanto un cassonetto tornando dal concerto, hanno suonato Vivaldi, sa? Si si, facciamo che io non vi ho visti io, ha tagliato corto lui lasciandoci lì, con le sedie da caricare di nuovo su in qualche modo.
Non si é nemmeno accorto che siamo senza fanale posteriore, ho detto al mio amico, ci è andata bene. E siamo tornati a casa.
Poi, a parlare del quattro di agosto, cioè oggi, potrei anche evitare. A quanto pare le ore libere in una giornata, a volte, servono per essere lasciate libere un po’ da tutto.