Questa mattina sull’autobus ho fatto salire una signora con il cappotto scamosciato e le calze di lycra tutte trasparenti e le scarpette nere che sembravano appena lucidate, con quelle strisce che tipo il Brill lascia, se lo si passa di fretta. Un attimo dopo, al mio braccio, se n’è subito attaccata un’altra, di signora, con degli occhiali a forma gattica, quelli allungati all’insù. Va bene, va bene così, mi ha detto mentre cercavo di farci spazio tra un venditore di borse e le sue sacche e una comitiva di coreani. Allora ho sentito la signora con le calze di lycra strofinarsi le mani e dire, rivolgendosi non a qualcuno in particolare, che negli anni sessanta a Piazzale Flaminio, dove abitava, non c’erano i termosifoni a gas. Si sono voltate un po’ di facce e occhi assonnati, anche quelli dei coreani, faceva freddo nel 32, sopra le teste di tutti noi sembrava si fosse formata una nuvola, della nebbiolina di condensa di fiati più o meno pesanti. Sì, ha detto annuendo selvaggiamente la seconda donna che ancora stava attaccata al mio braccio, Anche a Piazzale Clodio non avevamo i frigoriferi, ha detto.
Poi alla fermata dopo è salito, con fatica, un uomo appoggiandosi al suo bastone e l’ho afferrato per un gomito facendo leva sull’avambraccio, sennò cascava giù. Mi ha ringraziata piegando la testa di lato e fatto notare che la galanteria era passata al sesso migliore, per quanto gli risulta. Mi sembrava di aver capito male, ma ha detto proprio così, al sesso migliore, e mentre rideva di gusto specificando che aveva un coccige scheggiato, ma per i suoi 90 anni si sentiva proprio indipendente, soprattutto dalla moglie.