Ci sono appartamenti che si comportano da case. Quasi ci fosse bisogno di dimostrare di essere domestici.
In alcune camere da letto le sedie prendono vita sotto strati di vestiti, i divani diventano tavolini da tè e i tavolini poggiapiedi nell’ora della merenda. A volte il pavimento è parquet, a volte di piastrelle e altre di moquette. Non so se il fatto di essere stata ospitata un maggior numero di volte rispetto dell’aver ospitato mi renda una persona peggiore, o almeno meno altruista. Un po’ sì direi. Ma poi esco a fare la spesa per il frigo, che non è il mio, e non conosco nemmeno come e se funziona la lavatrice, lì accanto. Mi intenerisco di fronte ai pomelli dei rubinetti nel bagno, che girano nel verso opposto a quelli della casa precedenti. Son cose belle queste, un po’ come conoscere una persona e scoprire che è brava non solo a parlare, ma pure ad ascoltare. A me le case degli altri piacciono.
La mensola della cucina non l’aprire del tutto che casca, va bene. I coperchi delle pentole sono qui. Qual è il ripiano del frigo che posso occupare parzialmente? Hai lo shampoo o ti presto il mio?
Son mesi che non capisco perchè, ma io non è che ho tutta questa stabilità residenziale. Il lavoro chiama e io parto. Per esempio a Gennaio, quando mi sono trasferita a Roma, fino a Giugno bene o male, ero divisa tra l’est e l’ovest della capitale. Poi le cose sono degenerate, intendo dopo essere partita e ritornata di nuovo a Roma in autunno. Non avevo più il mio affitto, non si trovava nemmeno una stanza ad Anagnina, a Ottobre così su due piedi.
Per fortuna molti amici sono stati disponibili e disposti a farmi vedere come funziona la loro di caldaia in appartamento, ad avvertirmi che l’acqua calda finisce se sto troppo sotto la doccia.