Forget the Ocean for a while ///

Una volta, tipo dieci anni fa, si cresceva solo d’estate.
Ora siamo costretti a fare i conti con gli anni, usare escamotage più o meno verbali per presentarci più o meno (a seconda dell’aggettivo in questione) agli altri.

Io, personalmente, sono più giovane quando invecchio. Quasi mancasse meno tempo, ad ogni giorno trascorso.
Quasi fossi più leggera da quando sono tornata dagli States.

 

Otto mesi prima

L’aereo atterra con un piccolo balzo ed il bicchiere che tengo in mano rovescia l’acqua sui miei jeans. Lo fa lui, gli do quasi la colpa ed esclamo “perché?”.

Ora, non vorrei aprire un capitolo intero sulla mia prima parola pronunciata sul continente Europeo. Anche se dopo nove ore di silenzio su un aereo lanciato attraverso l’Atlantico, potrei attribuire i più svariati significati a quel Perché.

Non ho parlato con nessuno, nemmeno con il mio vicino di posto, un signore dalla barba folta ed una camicia bianca, macchiata di rigatoni all’arrabbiata, mangiati ad un’ ipotetica ora di pranzo, da qualche parte sopra l’Atlantico.

Insomma, sono tornata in Italia senza protestare, nonostante non mi andasse granché di abbandonare New York, Brooklyn, la Long Island e i cavalloni Oceanici. Lasciavo alle spalle una fetta di nove mesi ed un hard disk, scordato in aeroporto.
Dico io, perché non potrebbe essere tutto più semplice nello spostarsi e nel tornare ai punti di partenza? Intendo, perché non potrei semplicemente archiviare tutta la nostalgia che puntualmente mi rimanda Oltreoceano.  Non dico dimenticare, basterebbe nascondere.

Ed invece i ricordo perfino il sapore di quei rigatoni in scodella. Eccome se me lo ricordo.

 

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