Say it twice, say it again

(PREMESSA:
Questo post conterra` accenti mancati, sempre che si possa contenere qualcosa che manca. Attualmente il computer in uso ha una tastiera non soltanto qwerty ma anche قشعرتط , che qualsiasi cosa voglia dire, giuro si scrive pigiando qwerty in modalita` arabica.)

Se trovarsi di fronte a case rosa non sorprende piu` alcun italiano, a meno che non sia vissuto per tutta la vita a Lugano o Milano zona aeroporto, imbattersi in qualcosa del genere puo` sconvolgere qualsiasi prospettiva. Le usano le biciclette a New York,
piu` di Seattle, questo e` certo,
piu` di Udine, un po` meno, certo, ma pur sempre notevole [ammetto, la mancanza di accenti mi sta facendo impazzire dalla prima riga, ma non vale la pena di buttare la spugna, ora che, seduta dall`altro lato dell`isola di New York, cerco di spiegare qualcosa che vada oltre il rosa delle case rosa del West Village].

Quindi, l`inglese sta diventando il motivo per il quale stringere i pugni e resistere, qui, oltreoceano. Non avrei mai pensato fosse cosi` difficile. Sara` che non mi ero mai scontrata con una lingua diversa dall`italiano e del russo in modo cosi` diretto. E ci va pure di mezzo la mia sopravvivenza.
Ed invece eccomi qui, a passare i mei martedi e mercoledi in compagnia di stranieri, americani, spagnoli, chiunque, eccetto portatori di madrelingua. La mia madrelingua. Quella che per esprimere un concetto, se non si gesticola, e` come l`acqua dopo i cavoli bolliti, senza cavoli.
In realta` gia` il fatto di non svegliarmi ogni mattina con l`idea di tradurre ogni singola cosa che mi venga in mente, in modo totalmente random, dall`italiano all`inglese, mi riempie di gioia. Gioia che rende le mie ossa leggere, anche alla visione dell`Oceano (ogni giorno piu` pesante e blu, oltre la finestra del mio bagno).

Ma che dire di questa Grande Citta` che accoglie a braccia aperte abitanti e turisti allo stesso maestoso modo?

Sette mesi e mezzo sono scivoltati, tra poco smettero` con i conti alla rovescia per eccesso, perche` la fine prima o poi dovra` arrivare. Ne avevo parlato qualche post fa, ma davvero e` impossibile oltre che visitare anche solo stufarsi di New York, per quanta musica si possa sentire agli angoli di Manhattan o Brooklyn, nelle Subway o sotto i ponti del Central Park all`ora del tramonto, per quante foto si possano scattare, fermando senza bloccare momenti di vita quotidiana in questa metropoli,

mai si potra` trovare le parole perfette per descrivere il Tanto che c`e`.

Seduta al bar a leggere cose che mai avrei letto mesi fa, il caffe` in tazza grande, qualche tranquillo e riposato cameriere attorno. Nessuno mi chiede di alzarmi finche` non avremo finito l`ultimo sorso e mangiato l`ultimo pezzo di bacon.
La meraviglia sta nel sentirsi a casa ovunque, su qualsiasi strada, a qualsiasi ora. |
E se questo non e` un dono che la citta` fa a qualsiasi visitatore, ditemi voi cos`e`.
In Noho nei negozi di vestiti vendono granoturco. Mais, pannocchie, come preferite. Non ho immagini di tutto cio` perche` per la sorpresa ho lasciato scivolare la mia macchina fotografica in borsa, gustandomi cucchiaini di corn intervallati a bicchierini di rosso. Californiano, mica cose pacchiane. Mais e Vinello.
Capite quanto assurdo ora possa suonare un abbinamento come pere e formaggio o prosciutto e melone?

 

 

Mi devo organizzare meglio, il primo passo e` fatto, alla fine ci sono riuscita: in macchina fino alla Citta` e oltre, nel traffico giallo e rosso della 6th Ave, dopo il ponte di Brooklyn, le folle colorate, venditori di Tacos, frutta, involtini primavera, fette di pizza, hot dog con cipolla o senza, biglietti per Broadway, biglietti per club privati, altri meno privati. Tutti ambulanti. Tutti pronti, tutti a fare qualcosa.
Eppure sono certa di aver gia` incontrato qualcuno due volte, sebbene l`improbabilita` del fatto in una Citta` cosi` immensa. Come quel signore con il cappello blu, che ha girato l`angolo alla fine della 23esima, proseguendo verso Sud la settimana scorsa. L`ho incontrato oggi, mentre percorrevo la Bowery. Mi ha sorriso, come si sorride ad un vicino di casa.

Alla fine non sembra tutto cosi` casuale come le luci ci fanno credere. C`e` un bel criterio complesso che si crea man mano che si accetta la Citta` come un grande Monopoli o Gioco dell`Oca. E numeri binari al posto dei dadi.

 


Ora la smetto, mi aspetta ancora un piatto di minestra in scatola (ora in pentola). Ceci, pasta e porro, che qualcuno molto gentilmente mi ha preparato come alternativa alla colazione che ho mancato.

Penso all`Italia a volte.  Forse meno di voi che ci abitate, ma non la riconoscete piu`, ma giuro. Manca.

 

 

[Casa di S. L. R. New Jersey, 2013]

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