L’America questa mattina sa di muschio, arance e cose appena lavate.
- Muschio: Mi trovo nei dintorni di Seattle da appena tre giorni, avvolta nella più fitta nebbia che io abbia mai
nonvisto. Altro che pianura padana. Questa è nebbia di qualità, si può spostare con i palmi delle mani, si possono letteralmente creare cumuli bianchi solo muovendo le braccia a stile libero. Non sto esattamente in città, ma in un paesino accanto. No, nemmeno. Nella periferia del paesino, qui mi hanno detto che l’ubicazione precisa della casa è di tipologia cul-de-sac [ndr] che, qualsiasi cosa voglia dire, fa concorrenza al nome del mio paese di residenza in Italia (ridete con garbo, voi pochi che sapete).
Insomma, dopo una manciata di giorni qui tra le due bambine da badare nei miei panni da AuPair, l’umidità pari al bagno dopo la doccia, il jet-lag in perenne competizione con la mia sveglia e un senso di curiosità misto chediamineèquesto verso qualsiasi Americanata vista solo nei film -e ora confermata nella mia nuova realtà- … è il muschio a prendere il sopravvento.
Io stavo per impazzire per la carenza di raggi UV o almeno una fetta di cielo azzurro, la mia Host family stava già delirando da un pezzo per le urla giornaliere delle bimbe. Tutto sembrava precipitare, l’umore in primis. Quando dopo più di 48 ore la nebbia si è diradata mostrandomi le case a destra, a sinistra e davanti (tutte uguali tra loro, a strisce orizzontali azzurrine o grigine, con i giardini curati attorno) ho finalmente visto lui. Il muschio. È veramente ovunque, sugli alberi, sotto gli alberi, negli alberi. Tra i cassonetti verdi e marroni, agli angoli della strada coperta pure le di morbida muschiaggine. I tergicristalli della Jeep davanti la mia casa avevano un accenno di verde, con tanto di fiorellini minuscoli sulle punte. Allora ho pensato, ma te guarda, proprio in un posto così dovevo capitare. Dove l’inverno dura tre quarti dell’anno e l’estate fa spallucce già ad Agosto. Ah, se ce la fa il muschio,ecco che ho pensato. - Arance: Ieri sono andata a fare la spesa per la prima volta. L’evento è memorabile, me lo sono segnata sull’agenda con un’enorme asterisco che riportava alla parola IMBARAZZO. Potessi scriverlo in corsivo, grassetto e maiuscolo contemporaneamente, lo farei. Mi sono sentita in soggezione, ma tanto davvero, per l’ordine quasi statico, la cura nella disposizione dei caschi di banane a piramide (quadrangolare) nel reparto ortofrutta.
Per curiosità (okay, era più che curiosità) mi sono avvicinata all’Angolo Italiano che ospitava cestini con confezioni grattugiate di Parmigiano Reggiano, pacchetti di fusilli e pennette di soia (5$ ogni 100 grammi WTF) e un’enorme freccia fluorescente di cartone indicante i pomodori poco più in là, accanto alle arance, a 6$ al chilo. - Cose appena lavate: Sono due le cose che nella mia vita italiana, per sopravvivere, non avrei mai avuto il modo/necessità/voglia di usare.
Il microonde per esempio è il primo nella lista. Qualche anno fa alla sagra del Vino in Friuli ne vinsi uno alla pesca di beneficenza, trovando il biglietto fortunato proprio per terra. Felice, trascinai la scatola contenente il premio a mia madre, seduta poco più in là. Non possiamo tenerlo, mi disse seria. Fui costretta a regalare ad un parente lui ed il macigno di onde dannose che mamma gli aveva attorcigliato attorno. In America invece è come la caffettiera per gli Italiani, c’è sempre e comunque, al di là dell’uso che ne possano fare (che sarà pur sempre superiore al consumo del caffè nelle nostre caffettiere italiane).
Ho capito che qui non c’è speranza di scaldare l’acqua su un fornello.
Non si fa e basta. 45 secondi di microonde ed il thè verde è pronto fumante, con tanto di tazza ancora fredda.
La seconda cosa è quella sconosciuta di un’asciugatrice. Una lavatrice all’incontrario, che accelera il processo naturale -oltre che dell’asciugatura- anche della stagionatura dei vestiti. L’ho provata oggi, un po’ rattristita dalle magliette che giravano in tondo nell’oblò. Dicono che non gli faccia tanto bene. Ed infatti invece dei calzettini blu ho tirato fuori un paio di calzoni azzurri, la felpa ha una manica più lunga dell’altra e il pigiama si è ristretto sui fianchi. Quest’ultimo mi piace anche così, per fortuna.
Per il resto, la macchina svolge il suo mestiere. Dopo nemmeno mezz’ora, perfino l’ultima delle mutande in flanella era asciutta. Cose che nemmeno a Luglio inoltrato, le lenzuola sui tetti dei condomini.
Non c’entra nulla, ma Giovedì ho passato una serata a New York che rifarei anche al prezzo di un inverno intero tra la nebbia a cul-de-sac.